Il passare del tempo è intrinsecamente legato alla memoria, in un intricato rapporto di reciprocità. È il tempo che, con la sua azione lenta ma efficace, conferisce stabilità alla nostra memoria, separando l'essenziale dal superfluo e permettendo così di affrontare la cruda realtà che ci è origine.
Però, nell'epoca frenetica in cui viviamo, siamo testimoni e indiretti portatori di un'ansia pervasiva che spinge un po' tutti , mossi da motivi di interesse, personali o politici, a cancellare frammenti della nostra storia e della nostra società, senza considerare scientificamente se questo sia giusto o sbagliato, ma considerando giusto a priori il nostro personale pensiero, perché questo - a nostro insindacabile giudizio - rappresenta arrogantemente la vera giustizia universale.
Nella nostra frenetica corsa al progresso, coloro che hanno potere e responsabilità pubbliche ci stanno conducendo a un pericoloso processo di rimozione di dettagli importanti, noto come 'cancel culture'.
In questo contesto, assistiamo alla cancellazione di "espressioni" presenti in libri famosissimi, così come alla modifica di storie classiche, rappresentazioni o configurazioni, tutte nel nome di un'ipotetica giustizia ed inclusività.
Ma qual è la giustizia che si cerca di fare con queste azioni? E quale inclusività?
La giustizia perbenista e cattocomunista imposta da coloro che desiderano un cambiamento di questo genere, senza considerare le diverse prospettive e le voci che vengono così silenziate, è una giustizia che non tiene conto della storia e dell'esperienza dei diversi gruppi sociali. Queste voci, se sono arrivate fino ad oggi, è anche grazie all'altezza da cui potrebbero guardare questi neo-giustizialisti.
La nostra storia, seppur complessa e spesso caratterizzata da episodi controversi, è la trama che ci ha portato fin qui. La società in cui viviamo è il risultato di un intricato intreccio di eventi e scelte che ci hanno preceduto. Cancellare o riscrivere parti di essa significa non conoscere la nostra storia, o peggio ancora, negare la stessa nostra esistenza.
La vera giustizia risiede in una organica inclusione, nel confronto aperto e nel dialogo tra diverse prospettive che caratterizzano la nostra storia e società. La vera giustizia, la vera inclusione è che "se io esisto, puoi esistere anche te".
Siamo custodi di una narrazione collettiva che ci lega a tristi eventi passati, a persone che li hanno vissuti e a lezioni che possiamo trarre. Perché dovremmo cancellare lezioni di personaggi più grandi di noi?
E' cruciale riflettere sull'importanza del rapporto tra tempo, memoria e la nostra storia.
Solo abbracciando l'intero spettro di esperienze e lasciando che la memoria si intrecci con il passare del tempo possiamo sperare di trovare una giustizia autentica, capace di farci progredire senza negare ciò che siamo stati senza troppe supercazzole cattocomuniste.
Admaiora.